Sentenza “ambigua” della Cassazione sulla legittimità di sequestri e perquisizioni a seguito di esposti anonimi.
La Suprema Corte, pur affermando, in astratto che una denuncia anonima non può essere posta a fondamento di atti tipici di indagine, «e quindi non è possibile procedere a perquisizioni, sequestri e intercettazioni telefoniche, trattandosi di atti che implicano e presuppongono indizi di reità», è altresì vero che gli elementi contenuti nell’anonimo «possono stimolare l’attività del pubblico ministero e della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi, diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi elementi utili per l’individuazione di una notitia criminis».
Resta quindi un margine discrezionale estremamente ampio e non definito, relativo alle “attività della polizia giudiziaria”.
Ovvero: come far entrare dalla finestra quello che non può entrare dalla porta…